Essere Bugiardo
di Carlo Guasconi
regia Emiliano Masala
con Mariangela Granelli, Carlo Guasconi, Massimiliano Speziani
scene Giuseppe Stellato
disegno luci Omar Scala
elaborazioni sonore Zeno Gabaglio
assistenti alla regia Marta Cagliani, Enrico Ravano
produzione La Corte Ospitale, Proxima Res, Premio Riccione
“Il testo ha convinto la giuria che lo premia all’unanimità. Carlo Guasconi riesce ad affrontare il tema del lutto, con profondità e grazia. Presente e passato, vivi e morti si incontrano sul palco per affrontare e tentare di conciliare il peso delle assenze: come superare lutti insopportabili, come accettare la fine degli affetti più grandi? L’autore scolpisce, con sorprendente intensità e altrettanta maturità, tre personaggi: il padre, la madre, il figlio. Mai scontati, sempre umani, umanissimi, fertile terreno di prova per gli attori che in futuro li andranno ad interpretare.”
Dal verbale della giuria dell’11° Premio Riccione Pier Vittorio Tondelli
Essere Bugiardo è una storia basata sul non aver più niente, se non ricordi e poca forza nell’ affrontarli. Il Padre, protagonista dell’opera, sprofonda nella palude melmosa del dolore dato da mancanze famigliari, dal pentimento per parole non dette, da un passato che non svanisce e che lui non vuole assolutamente dimenticare. Seduto al tavolo della sua cucina, cercherà spiegazioni per ciò che è accaduto alla sua famiglia, dialogando con la moglie e con il figlio con meccanismi da commedia del lutto, scavando nei loro trascorsi, confrontandosi con l’incapacità di avere un vero presente. I famigliari sono investiti dalle bugie di un uomo, diventato più figlio che padre, incapace di restare solo, che ricorre alla menzogna per costruire una sua verità. I personaggi si muovono in un tempo che non esiste, le lancette dell’ orologio si sono fermate in questa cucina; sono ferme come il Padre, incapace di alzarsi dalla sedia di pater familias e di riprendere il timone della sua esistenza. Saranno i famigliari che cercheranno di convincerlo in ogni modo ad abbandonare la sua posizione per tornare ad essere nuovamente una persona, trovando la forza di accettare il dolore del passato e facendo nuovamente muovere le lancette dell’ orologio.
Dalle note di regia
Il luogo è una stanza, una cucina; lo spazio drammatico la mente, il cuore, la pancia di un uomo. Un padre aggrappato al ricordo di una vita che non è più.
Imprigionato in un limbo in cui i suoi interlocutori, un figlio e una moglie, lo esortano a scegliere, a scegliere di non mentire, di non mentire per poter andare avanti.
Un tavolo e una sedia sono gli elementi fisici di un’azione drammatica all’apparenza immobile e stagnante. Il movimento, l’azione, sono affidati alla sensibilità ed emotività profonda e lacerata degli interpreti.
La regia si concentra sul rendere necessari e disturbanti i dialoghi, attorno al luogo-prigione che è la cucina della famiglia.
Il mio desiderio, in questo testo più che mai, è quello di sapermi porre a servizio della parola.
Una parola in grado di radicarsi non solo nel corpo e nell’anima dei personaggi-attori, ma anche e soprattutto in quella del pubblico, testimone e osservatore di una verità che non fa sconti a nessuno.
Un padre, un figlio, una madre e una bugia che non basta più.
Emiliano Masala